Nel 2017 ho avuto il piacere di partecipare alla sesta edizione de Il Mostro, mostra fotografica collettiva curata da Luciano Corvaglia presso la Tevere Art Gallery di Roma. Una rassegna intensa, sfaccettata, dove la fotografia diventava strumento di esplorazione e svelamento, luogo di dialogo e inquietudine. Il Mostro era più di una semplice esposizione: era un rito collettivo, un attraversamento di visioni, un invito a indagare ciò che ci spaventa, ci affascina, ci definisce.
Per quell’occasione fui selezionato con una serie di fotografie dedicate all’Islanda, terra che avevo percorso e osservato con sguardo partecipe e incantato. Le immagini esposte raccontavano non solo la natura aspra e spettacolare dell’isola — distese laviche, nevi taglienti, cieli che sembrano respirare — ma anche la sua architettura solitaria, verticale, visionaria. Dalla silhouette modernista della Hallgrímskirkja, la cattedrale di Reykjavík che pare evocare colonne basaltiche, al faro isolato di Akranes affacciato su un orizzonte liquido e grigio, fino agli incontri ravvicinati con i cavalli islandesi, animali che sembrano portare nello sguardo una memoria antica e indomabile.
Era un progetto che intrecciava l’umano e l’inumano, il costruito e il naturale, la geometria e l’organico. Ogni fotografia cercava di restituire quella sospensione tipica dell’Islanda, dove il tempo pare rarefatto, la luce filtrata, i confini tra elementi costantemente in bilico. Il mostro, nel mio lavoro, non era mai esplicito: si annidava nei silenzi, nella vertigine degli spazi vuoti, nella potenza senza retorica di una terra che impone rispetto.
Esporre a Il Mostro fu per me un momento significativo. Non solo per l’occasione di mostrare parte del mio lavoro in un contesto così ricco di voci, ma anche per l’energia condivisa che animava la galleria in quei giorni. Ogni opera sembrava dialogare con le altre, tessendo una mappa visiva del nostro tempo, delle sue fragilità e della sua bellezza.
Partecipare fu un atto di ascolto, e al tempo stesso una dichiarazione d’intenti: continuare a guardare, ad attraversare, a restituire ciò che la realtà suggerisce solo a chi sa fermarsi.
In 2017 I took part in the sixth edition of Il Mostro, a collective photography exhibition curated by Luciano Corvaglia at the Tevere Art Gallery in Rome. For the occasion I was selected with a series dedicated to Iceland — a land I had explored with a fascinated, attentive gaze. The images portrayed its raw landscapes, solitary architecture, and visionary atmospheres: from the modernist silhouette of Reykjavík’s Hallgrímskirkja to the remote lighthouse of Akranes, to encounters with Icelandic horses carrying an ancient, untamed presence.
The project blended the human and the inhuman, geometry and nature, the built and the elemental, seeking the suspended, rarefied quality of Iceland’s light and spaces. Exhibiting at Il Mostro was a meaningful moment — a collective ritual where each work entered into dialogue with others, mapping the fragilities and beauty of our time.