Nel mio lavoro ho spesso sentito il bisogno di guardarmi intorno. Non solo con la macchina fotografica, ma con attenzione e ascolto, camminando ai margini delle città, attraversando quei territori spesso dimenticati che si estendono oltre il centro storico. In ogni metropoli, infatti, la città ufficiale — ordinata, amministrata, riconoscibile — si concentra nel cuore urbano, dove si trovano le sedi del potere, della cultura e dell’economia. Tutto intorno, invece, si dilata un altro mondo: quello della città cresciuta senza progetto, in modo disordinato, a volte abusivo. In queste periferie, l’ordine si confonde con l’arbitrarietà, i servizi mancano o sono discontinui, i diritti sembrano sbiadire. Eppure, è proprio lì che ho trovato le tracce più forti di vita reale: nelle insegne consunte, nei muri che parlano, nei volti delle persone. Ho imparato che le periferie non sono solo margine, ma anche luogo di spinta, di trasformazione, di invenzione quotidiana. Mentre i centri storici si svuotano di vita vera, nelle loro “aree estreme” nascono esperienze culturali, gesti di solidarietà, progetti creativi che restituiscono senso all’abitare.
Con Guardarsi intorno ho voluto restituire uno sguardo su queste zone dimenticate o frettolosamente etichettate. Le fotografie esposte non cercano il pittoresco né l’emergenza: cercano l’equilibrio instabile tra bellezza e fatica, tra radicamento e perdita. Raccontano un territorio dove il conflitto non è solo un problema da gestire, ma un linguaggio da capire. E raccontano anche la possibilità di un incontro — tra visioni diverse, tra centro e periferia, tra chi guarda e chi è guardato.
In un tempo in cui le città si chiudono e si blindano, in cui l’altro fa paura e lo spazio pubblico si restringe, guardarsi intorno diventa un gesto urgente. È l’inizio di una relazione possibile. È il primo passo per abitare davvero.
La mostra Guardarsi intorno fu ospitata nel 2012 nella sala Tom Benetollo di Palazzo Valentini, a Roma. Un luogo istituzionale ma aperto al dialogo, dove le immagini hanno potuto incontrare uno sguardo attento, restituendo dignità e profondità a quegli spazi urbani troppo spesso relegati ai margini del racconto collettivo.

In my work I have often felt the need to look around — not only through the camera, but by walking, observing, and listening at the edges of the city. Here, where services fade and rights become fragile, I found the strongest traces of real life: worn signs, speaking walls, inhabited streets. Guardarsi intorno focuses on these overlooked peripheries, portraying the unstable balance between beauty and struggle, belonging and loss.
The photographs avoid the picturesque and the sensational, seeking instead the possibility of encounter between center and outskirts, between those who look and those who are looked at. The exhibition was hosted in 2012 at Palazzo Valentini in Rome, offering a space where these marginal urban landscapes could reclaim dignity and depth.